martedì 30 ottobre 2012

ALBA DORATA





Ermoupoli, giugno 2012-Rodi, ottobre 2012.

Sira non è un’isola alla moda, di quelle bianche e blu che fanno sognare gli italiani. Sicuramente è la meno conosciuta delle Cicladi. Eppure a Ermoupoli, il suo capoluogo, durante l’occupazione (1941-1943) vi risiedeva il colonnello Giovanni Duca, agli ordini del comando italiano dell’Egeo, ubicato a Rodi. Oggi a Sira di quell’occupazione è rimasto il ricordo, qualche testimone e un ricco archivio.
La stanza che ho preso in affitto per le due settimane di ricerca è gestita da una coppia di mezza età proveniente dalla Grecia continentale. Si sono trasferiti qui e hanno aperto un’attività che, nonostante la crisi, continua ad andare bene. Vestono casual, li vedi e pensi: sono dei progressisti. Entro in confidenza con lui e una sera gli dico di aver notato molte scritte sui muri di Ermoupoli che invitano a votare Chrisi Avghi, Alba Dorata, il movimento filonazista nato nel lontano 1980 ma esploso alle elezioni legislative del 7 maggio (poco meno del 7% dei voti, cifra mantenuta anche a quelle del mese successivo). Mi guarda complice e mi confessa che lui e la moglie sono suoi elettori. Lo lascio parlare. L’Europa, mi dice, la lobby ebraica i politicanti hanno distrutto lo stato sociale, favorito un’immigrazione incontrollata, chiuso fabbriche e aziende, smantellato la cantieristica navale, soffocato l’agricoltura e l’allevamento. Dal sogno delle Olimpiadi del 2004 alla bancarotta del 2012, un solo respiro. Parla per farsi capire, non per giustificarsi, e dentro di me gliene sono grato.
In effetti, sarebbe troppo facile credere che oggi in Grecia il nazionalismo e il fascismo guadagnino terreno esclusivamente nei gruppi sociali marginali, tra gente ignorante e senza pensiero critico o con un complesso di inferiorità nei confronti dello straniero. L’elettorato di Ermoupoli è simile a quello di Atene, Salonicco e Patrasso: persone della porta accanto, diplomate o laureate, giovani e meno giovani, occupati o disoccupati recenti. Tra loro c’è quel professore di storia che ha dichiarato in classe che avrebbe votato per i neonazisti (finendo sui giornali), il piccolo imprenditore che ha lavorato anni grazie alla manodopera pakistana, il genitore che sculaccia il bambino perché, stremato dal caldo, lo lasci dormire, il giovane studente, magari pacifista, che non vede un domani. I militanti di Chrisi Avghi distruggono gli stands degli stranieri senza documenti nelle feste di paese, ma nei quartieri periferici di Atene e Salonicco aiutano il pensionato a pagare la bolletta della luce, a risolvere un problema burocratico, a prenotare la visita specialistica. Rappresentano il nuovo stato sociale, il welfare “fai da te” in una situazione di estremo disagio e abbandono per un paese tradizionalmente formato da famiglie dove le generazioni si parlano e si aiutano. Un paese che non comprende neanche il concetto di “badante”. Del resto, il partito che prima incarnava il sentimento xenofobo, LAOS, è praticamente scomparso dall’arena politica greca perché ha appoggiato i governi del rigore, che si sono adeguati alle direttive della Trojka (BCE, UE e FIM) per mantenere la Grecia nell’Eurozona. Chrisi Avgi ha riempito il vuoto, quasi raddoppiando il consenso che aveva ottenuto LAOS negli ultimi anni. E questo, nonostante sia evidente a tutti che molti stranieri – con o senza documenti – stanno lasciando la Grecia per via della crisi e tornano nei paesi d’origine. Chi resta, come molti albanesi, lo fa perché ormai ha una famiglia grecizzata e in Albania non saprebbe come ricominciare. I pakistani, invece, che non si sono mai integrati, stanno ripartendo, a prescindere dalle violenze. Proprio la violenza, del resto, ha trovato un terreno fertile nell’assuefazione dei greci alla medesima. Da anni si svolgono nel centro di Atene manifestazioni violente: si sono scontrati anarchici e poliziotti, è scesa in piazza a rompere marmi e tirare pietre gente che non aveva partecipato a una sola manifestazione in vita sua. Ogni giorno uno sciopero, ogni giorno una strada interrotta. In questo contesto, una ronda di ragazzotti in camicia nera viene percepita come la normalità. E sicuramente non fa più scandalo degli edifici dati alle fiamme nella capitale, nel febbraio scorso. Il sentimento diffuso di fallimento ha aperto la strada a quella che in Italia continuiamo a chiamare, forse ingannandoci un po’, “antipolitica”. E invece Chrisi Avghi fa politica e agli occhi di molti è divenuto il solo partito in grado di rompere l’alternanza tra Socialisti e Liberali che ha portato la Grecia in coda all’Europa. Europa dalla quale in molti sono pronti a uscire, anche nella lontana Rodi, dove ritrovo le stesse scritte sui muri di Sira, perché la vita, anche solo a promesse, possa tornare un giorno simile a quella di pochi anni fa.  

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