martedì 10 aprile 2012

Antonio Gramsci era stalinista? Saviano e altri alla prova con la storia

Tat'jana Schucht. Cognata di Antonio Gramsci


Antonio Gramsci era stalinista? 
La domanda è di quelle che sono di difficile risposta. Certamente lo è stato, così come è stato leninista. Morì nel 1937, anno d'inizio del Grande Terrore, che egli non conobbe e non poté aggiungere alla sua pratica di pensiero politico. Non conobbe lo stalinismo fino in fondo e non sappiamo cosa avrebbe scritto dei grandi processi di Mosca e della repressione di centinaia di migliaia di sovietici. Né sappiamo cosa avrebbe detto del patto Nazi-Sovietico del 1939, della spartizione della Polonia, della Grande Guerra Patriottica. 
Recentemente in Italia si sono riaccese le polemiche su questa figura di martire del fascismo. Il "merito" è di un libro di Alessandro Orsini dedicato a quelle che lui considera i due volti della sinistra italiana, rappresentati sinteticamente da Gramsci e Turati: la sinistra rivoluzionaria e quella riformista. Ci ha messo del suo anche Saviano, che il 28 febbraio ha recensito il libro su "Repubblica". Scrivendo, tra l'altro, "


L'idea da cui parte Alessandro Orsini è semplice: i comunisti hanno educato generazioni di militanti a definire gli avversari politici dei pericolosi nemici, ad insultarli ed irriderli. Fa un certo effetto rileggere le parole con cui un intellettuale raffinato come Gramsci definiva un avversario, non importa quale: "La sua personalità ha per noi, in confronto della storia, la stessa importanza di uno straccio mestruato". Invitava i suoi lettori a ricorrere alle parolacce e all'insulto personale contro gli avversari che si lamentavano delle offese ricevute: "Per noi chiamare uno porco se è un porco, non è volgarità, è proprietà di linguaggio". Arrivò persino a tessere l'elogio del "cazzotto in faccia" contro i deputati liberali. I pugni, diceva, dovevano essere un "programma politico" e non un episodio isolato. Certo, il pensiero di Gramsci non può essere confinato in questo tratto violento, e d'altronde le sue parole risentivano l'influenza della retorica politica dell'epoca, che era (non solo a sinistra) accesa, virulenta, pirotecnica. Il politicamente corretto non era stato ancora inventato. Eppure, in quegli stessi anni Filippo Turati, dimenticato pensatore e leader del partito socialista, conduceva una tenacissima battaglia per educare al rispetto degli avversari politici nel tentativo di coniugare socialismo e liberalismo: "Tutte le opinioni meritano di essere rispettate. La violenza, l'insulto e l'intolleranza rappresentano la negazione del socialismo. Bisogna coltivare il diritto a essere eretici. Il diritto all'eresia è il diritto al dissenso. Non può esistere il socialismo dove non esiste la libertà". 




Di e su Saviano già ho scritto su questo blog e altrove e non vorrei ripetermi: se prima inventava cose mai accadute, ora parla di fatti che non conosce. Ma non è questo il punto. Il punto è che i difensori della figura di Gramsci si sono scatenati contro Orsini e Saviano, ma da destra. Nel senso che hanno difeso Gramsci come grande intellettuale del socialismo liberale. 


Angelo D'Orsi si è proprio imbufalito (http://www.blog.rubbettinoeditore.it/cartabianca/2012/02/21/gramsci-e-turati-scambio-tra-angelo-dorsi-e-alessandro-orsini). Pur facendo parte dell'accademia italiana, non capisco più questi "signor dottor", "esimio professor" ecc. Siamo nel 2012. Ma fosse questo il problema...


Giuseppe Tamburrano ha scritto sta' roba qui: "Io sono convinto che Gramsci si allontanò dal comunismo sovietico, esprimendo nellesue note un pensiero liberal-democratico: per l’esattezza socialista, ma la prova regina non vi è ancora la disputa continuerà."


Ma se non vi è ancora prova regina, da dove volete che spunti fuori, se tutto quello che ha scritto Gramsci lo conosciamo?


L'Associazione politico-culturale "Marx Ventuno", cui afferiscono studiosi di razza del marxismo, è davvero arrabbiata (http://www.marx21.it/storia-teoria-e-scienza/marxismo/1191-dibattito-su-gramsci.html) tanto che ha organizzato un convegno, il 5 aprile, per difendere la "verginità" di Gramsci.


Tutto ciò mi fa un certo effetto. Ammetto di non conoscere ogni passo scritto da Gramsci quando era socialista e quando era in carcere. Ho letto molto, ma non tutto. Conosco, però, molto bene la storia di Gramsci in carcere e quanto accaduto negli anni immediatamente seguiti alla sua morte. In particolare a Mosca. 


Non appena giunse a Mosca la notizia della morte di Gramsci, il Comintern preparò un necrologio con il quale aprì il numero di maggio dell’organo dell'Esecutivo dell'Internazionale Comunista, la rivista «Kommunističeskij Internatsional». La nota del Comintern è firmata dai suoi massimi dirigenti: Dimitrov, Togliatti, Manujl’skij, Pik, Kuusinen, Marty, Gotwald, Moskvin, Florin, Kolarov. Il brano è molto informato. Si dice che Gramsci era morto dopo essere stato formalmente liberato dallo stato di detenzione il 21 aprile 1937 e quando la sua famiglia e i suoi compagni avevano la speranza di poterlo riabbracciare e vederlo guarire dopo i dieci anni trascorsi in carcere. Gramsci, si dice ancora, era stato ucciso dal fascismo, così come  prima di lui Matteotti e altri centinaia di figli della classe operaia. «La classe operaia italiana e il proletariato mondiale perdono con Gramsci uno dei suoi figli migliori, uno dei più fedeli combattenti per la liberazione dell’umanità dal giogo e dallo sfruttamento del capitale, per la libertà e la pace, per il socialismo». Gramsci per primo aveva compreso il significato storico della Rivoluzione d’Ottobre in Italia e per primo aveva cominciato a diffondere le idee e le tesi di Lenin. Dopo il tentativo rivoluzionario e la sconfitta del movimento in Italia nel 1920, Gramsci aveva impiegato le sue forze per la fondazione di un partito di massa della classe operaia, e sotto la direzione del Comintern aveva operato al fine di escludere dal partito gli opportunisti e i settari, e per la bolscevizzazione del Partito comunista d’Italia. 


Ripeto, si tratta dell'organo ufficiale dell'Esecutivo dell'Internazionale Comunista (IKKI). Non è tutto. 


Il 21 maggio 1937, Togliatti, che era uno dei segretari generali del Comintern, scrisse al Primo segretario dell’Internazionale, Georgi Dimitrov, per motivare la sua contrarietà al fatto che le ceneri di Gramsci, provvisoriamente tumulate in un cimitero romano, potessero essere spostate in Unione Sovietica. Il trasporto, ricordava Togliatti, sarebbe stato auspicabile solo se esso fosse avvenuto con tutti gli onori spettanti al capo dei comunisti italiani e le ceneri tumulate non in un cimitero moscovita qualsiasi. Per la moglie e i figli, che evidentemente premevano presso il Comintern in tal senso, egli si impegnava a chiedere una pensione al Commissariato del Popolo sovietico competente.


Mentre Gramsci era in carcere, è noto, il collegamento tra lui e l'esterno era rappresentato dalla sorella della moglie, Tat'jana Schucht. Dopo la sua morte, Tat'jana tornò in Unione Sovietica portando con sé gli scritti di Gramsci. Su questa eredità letteraria si svolse una lotta molto lunga tra Togliatti e la famiglia Schucht, dove il Comintern svolse il ruolo di arbitro. Si formò una commissione ad hoc, che decise per la preponderanza del Partito comunista d'Italia, come allora si chiamava, mentre le sorelle Schucht rivolsero in due riprese serie accuse contro quello stesso partito. Nel 1938 chiesero un chiarimento sulla figura di Ruggiero Grieco. Nel 1940, addirittura su Togliatti. In entrambe le occasioni, i dirigenti italiani ne uscirono bene, ma le domande sono: perché Tat'jana, che fu costantemente vicino a Gramsci durante la sua prigionia,  unì alla sorella Julia - la moglie di Gramsci - nel descriverlo come un fedele stalinista, accusando invece i dirigenti del Pcd'I di essere fuori dalla linea sovietica? E perché allora Grieco e Togliatti dimostrarono la propria estraneità alle accusa delle Schucht e piena adesione alla politica dell'Internazionale Comunista? E, infine, perché oggi si difende Gramsci da destra, dimenticando queste cose? 










































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1 commento:

Cirano ha detto...

io sono convinto che Gramsci sia morto...anzi è morto e con lui anche la sua egemonia culturale....fortunatamente.