giovedì 28 agosto 2014

OSPEDALE AMATRICIANO 1.



Questa estate siamo arrivati sulle prima pagine dei giornali non per la pasta o per le querele del sindaco contro chi usa l'espressione "all'amatriciana", ma per la quesitone dell'ospedale. Si vorrebbe uscire dal Lazio, come soluzione, anziché discutere. Peccato che il consiglio comunale, all'atto di prendere la decisione sul referendum, si è "dimenticato" di votare, tanto che è stato riconvocato d'urgenza il consiglio per il primo settembre, ore 17,30. Qui alcune riflessioni di Marconista, redattore del giornale "Fuori dal Comune", che raccoglie le opinioni della minoranza di centro sinistra. 

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La minoranza del Consiglio Comunale di Amatrice appare incompetente. Questo sembra il giudizio finale, finale nel senso di “definitivo”, che appare sul sito personale del primo cittadino. In tre successivi post del 13, 21 e 25 agosto, la minoranza è stata accusata di volere “annullare importanti delibere di Giunta”, di “mediocrità politica”, di incompetenza, al punto che, si legge nello scritto del 25 agosto, “per carità di Patria non vado oltre, sarebbe come sparare sulla Croce Rossa”. Ora, di questi tempi, sparare sulla Croce Rossa non sembra uno sport affascinante. Non solo perché se si vuole mantenere l’Ospedale Grifoni, la Croce Rossa è indispensabile, ma anche e soprattutto, perché le guerre locali che drammaticamente infiammano Europa e Medio Oriente, al punto che il Pontefice ha recentemente richiamato i fedeli al pericolo di un imminente scoppio della Terza guerra mondiale, richiedono proprio una Croce Rossa forte, presente e competente. Ad Amatrice, per fortuna, non c’è la guerra. L’Italia è ancora un paese a democrazia liberale, dove assieme a una maggioranza i cittadini eleggono anche una minoranza. Minoranza che non ha meno diritti o dignità di chi amministra e che, se svolge bene il suo lavoro, deve anche cercare di bloccare, o modificare, delibere di Giunta che ritiene sbagliate. È la normalità. È la democrazia. E in una democrazia, dove Amatrice non è il centro del mondo, può accadere che si prendano decisioni in altre sedi che incontrino l’opposizione di chi amministra (amministra, non governa) un comune (un comune, mica uno Stato). Perché dico questo? Perché vorrei riportare tutto alla sua dimensione. Che si sia andati a finire sui mezzi di informazione nazionale significa ben poco. A chi scrive, per esempio, è accaduto molte volte per il suo lavoro, ma non per questo è diventato ministro dell’Istruzione. Allora, la dimensione di un comune che da qualche tempo ha cominciato a usare la magistratura come strumento di battaglia politica (per l’espressione “all’amatriciana”, per la questione dei rifiuti, ora per l’ospedale), è sintomo di un fatto: questa dimensione sta stretta agli amministratori. Sembra che ci si stia difendendo da un assedio posto ad Amatrice Comune, ma non si sa da chi, né da quando. Assedio virtuale? Neanche un po’. Io credo che, parlando in generale, la magistratura sia entrata già oltre ogni lecita aspettativa nella vita politica italiana, e credo che sia venuto il tempo di rispedirla a fare il lavoro per cui è nata: l’amministrazione della giustizia, non delle dispute politiche. E credo anche, pur non avendo mai votato Berlusconi, che il personaggio abbia subito una persecuzione inaccettabile in un paese democratico. Questo per essere chiari. Perché la politica va risolta, appunto, sul piano politico. Venendo al problema dell’ospedale, vorrei porre una domanda che fino ad ora non è stata posta: ma siamo certi che l’eliambulanza creata con finanziamenti regionali non abbia giocato un ruolo nella presunta (ripeto e sottolineo, PRESUNTA) decisione di trasformare lo status giuridico dell’ospedale Grifoni? Perché mi viene da pensare: di fronte a una coperta stretta, com’è il budget regionale per la sanità, se devo fare una scelta di tagli (e ripeto, SE), vado a vedere chi sta meglio di altri e taglio lì. Siccome Amatrice è diventato sito di atterraggio per elicotteri, mi chiedo se l’ospedale non diventi un doppione, visto che comunque tutto porta a Rieti (o altrove, secondo necessità). Tutti vogliamo che l’ospedale continui a esistere (anche se poi otto anni fa quando mi ruppi qui il naso mi spedirono a Rieti per il ricovero), tutti sappiamo, comprendiamo, che Amatrice è, lo sottolineo, una sede disagiata in territorio montano. Ma siamo certi che il Lazio non ci voglia più? E siamo certi che sbattere la porta, sperando che il rumore sia percepito fino a Roma, ma nello stesso tempo ricorrendo al TAR, quindi con l’intento, immagino, di restare nel Lazio altrimenti che ricorso è?, sia la mossa politica giusta? Ossia, quella mossa che, oltre a portare Amatrice al TG1, risolva pure il problema? Perché non è mica assodato tutto questo. Per esempio: Zingaretti è il presidente della Regione Lazio e la sua giunta è stata democraticamente eletta. Se sposiamo il ragionamento del primo cittadino di Amatrice, le importanti decisioni di una giunta democraticamente eletta non si dovrebbero poter discutere. Secondo: l’opposizione ad Amatrice non credo voglia chiudere l’ospedale. Però, mi pare di aver capito, non vuole abbandonare il Lazio. Ecco perché può accettare il ricorso al TAR (a mio giudizio sbagliato per i motivi che ho detto) e astenersi al voto sul referendum. Non è mica una contraddizione, anzi, anche se, me ne rendo conto, non è immediato coglierlo. Terzo: i paragoni sono spesso fuorvianti. Che c’entra Monterotondo con Amatrice? Da qui conosciamo quella realtà? Sappiamo forse quanto sia difficile raggiungere Roma e un ospedale facendo quella parte di via Salaria? Da Monterotondo all’ospedale Umberto Primo si impiega in giorni normali lo stesso tempo che serve da Amatrice a raggiunger Rieti, Ascoli o l’Aquila, scegliete voi. Senza contare che lì, di eliambulanza, neanche l’ombra. Siamo messi meglio, non c’è dubbio. Ma il discorso politico è un altro: con forza si deve dire alla giunta regionale, fuori da ogni populismo, che Amatrice vuole restare nel Lazio, ma non è disposta a dismettere l’ospedale, perché a fronte di una popolazione minima durante l’inverno, in estate diventa una città di media grandezza per le proporzioni italiane e se l’elicottero può bastare d’inverno, certamente è insufficiente durante i mesi estivi. Questa è la forza della politica. La forza della ragione, invocata dal primo cittadino con tanto di citazione da un film, è già contenuta nel concetto precedente. Perché è il dialogo, in un mondo come il nostro, che salva l’uomo.  

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